Food + Fashion: un connubio vincente

Dialogo aperto tra il nostro CEO Norman Cescut e l’Art Director Elisa Latronico.

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Tra gli aspetti davvero speciali del lavoro di Desita c’è quello di scoprire e raccontare in che modo nascono certe intuizioni, certi trend. Legati al mondo della ristorazione e del food retail, certo, ma anche in senso creativo e imprenditoriale più ampio.

La nostra costante conversazione con professionisti dotati di fortissimo pensiero laterale, insieme all’approfondimento delle dinamiche socio economiche internazionali, porta spesso i nostri progetti di design e di business in ambiti inattesi.

Oggi vogliamo parlare di belle contaminazioni e farvi partecipi dei pensieri condivisi con Elisa Latronico, che da anni lavora nel settore luxury. Tra le sue esperienze ci sono la Home Collection di Giorgio Armani, la collezione seta di Bulgari, gli Armani Hotels di Milano e Dubai ed il primo Hotel 5 stelle del gruppo Ferragamo, di cui ha curato l’immagine e lo stile per le strutture a Roma e Firenze.

Che tipo di relazione si può immaginare tra un grande brand della moda e il cibo? 

Una relazione adolescenziale: il colpo di fulmine e i primi intrepidi passi. Tutto nasce dall’incontro esplosivo tra Salvador Dalì ed Elsa Schiapparelli che nel 1937 crea l’ Abito Aragosta. Da allora, c’è stato un lungo passaggio in cui si è messo a fuoco il concetto di lifestyle e che ha concesso a uno stile esclusivista e snob l’apertura su altri scenari del quotidiano. Dopotutto in questa relazione ci sono tanti punti in comune: lo status, il senso del lusso, l’esclusività, ma anche il peccato, il sogno, la magia, l’essere eccellenza. 

Quali sono i vantaggi per il brand?

Il lusso sceglie la qualità e cura il dettaglio, questo è sempre una garanzia. Per il brand si tratta di entrare sempre di più nell’immaginario del consumatore, di rafforzare la propria lifestyle proposition, come direbbe uno della Bocconi. 

Alcuni osservatori sostengono che sia sempre un errore discostarsi dal proprio core business. Tu che ne pensi? 

Sempre è molto limitante, diciamo che è importante mantenere una coerenza, per non perdere credibilità. La moda è uno stile di vita, in questi anni si è aperta all’hotellerie, alla ristorazione, all’arredamento. La si trova nell’editoria, nello spettacolo, nello sport, nell’elettronica, nell’automotive. Non mi aspetto di vederla fuori dal suo personale immaginario, non vorrei una scatola di aspirine Prada, ma questo immaginario, è davvero ampio, basta farsi un giro da Marchesi in galleria a Milano per capire la coerenza estetica. 

Luisa Spagnoli creò la Perugina e inventò il famoso Bacio, per poi fondare il brand di moda che tutti conosciamo. Cosa ci puoi dire in proposito? Qualcuno ha fatto il percorso inverso?

Ti rispondo da creativa, non ci sono percorsi ne confini, ma idee da raccogliere e sviluppare e una ricerca estetica che è infinita. Il Buontalenti creò la magnifica tribuna nella galleria degli uffizi e un gelato alla crema tutt’ora in voga. Il punto è che il cibo può essere usato a servizio della moda, ma se la moda decide di posare il suo sguardo sul cibo, lo trasforma in oggetto cult. Chi altro ha questo potere?

Si può pensare ad una collezione di cibo A.I.? 

Perché no, dopotutto molti brand lo fanno già: Armani con Armani/Dolci, D&G, Prada. Ognuno con un proprio approccio sul prodotto. Per non parlare del consumatore finale, basta digitare Chanel cappuccino su Pinterest o IG e scoprire come questa associazione brand-experience sia ampiamente esplorata e riflessa dai consumatori. Colazione da Tiffany ce lo racconta bene già nel ’61. 

Elisa, creiamo una collezione di fashion food? Da dove partiresti?

Quando si progetta per un brand fashion, si parte dal valore e dall’immagine. Dalla selezione della categoria di prodotto, a quanto sia vicino ai valori di lifestyle e da questo si fanno una serie di scelte coerenti per proporre la qualità, l’eccellenza e mantenere viva quella magia unica che si svilupperà in un momento del quotidiano. 

Quindi è solo una questione estetica? 

Può essere una questione anche etica, legata alla produzione, al territorio, a progetti charity. Ma questo si può fare anche con i pelati. Mettere charme a una scatola di cioccolatini non è da tutti

Vero, non è da tutti e forse nemmeno per tutti. Sicuramente però, esiste un target che apprezzerebbe molto il legame tra lifestyle e momento quotidiano avvolto nei valori e nell’immagine del proprio brand preferito.

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