Franchising e formazione del personale: un binomio indispensabile

.

Che tipo di consumatori siete? A quali aspetti fate particolarmente caso? Bontà dei prodotti? Rapporto-qualità prezzo? Posizione e facilità di accesso? Atmosfera?

Probabilmente tutto questo e anche di più.

La pressione del nostro immaginario è forte, si sa: siamo più portati a entrare dentro un ristorante pieno, ipotizzando che si tratti della decisione migliore (spesso sbagliando clamorosamente), così come ci sentiamo più tranquilli nello scegliere un marchio di cui abbiamo sentito parlare piuttosto che gettarci nel vuoto della sperimentazione pura.

Siamo consumatori di simboli e siamo più esigenti, ma meno propensi al rischio: la “brand image” esercita il suo potere e influenza le nostre azioni.

Considerazione che spiega, in parte, il successo del sistema del franchising. Più o meno tutti sappiamo di cosa si tratti: “è una formula di collaborazione tra imprenditori per la produzione o distribuzione di servizi e/o beni, indicata per chi vuole avviare una nuova impresa, ma non vuole partire da zero e preferisce affiliarsi ad un marchio già affermato”. Wikipedia

DESITA-BLOG-Franchising&formazione2

Eppure, in questo ragionamento, c’è qualcosa che non torna: se chiunque può affiliarsi ad una rete franchising, pagando una somma, come fa il consumatore ad avere la garanzia che si tratti di professionisti validi e non di gestori improvvisati che stanno semplicemente cercando di sbarcare il lunario?

Proprio perché la formula si presenta “a prova di stupido”, con barriere all’ingresso facilmente superabili, la probabilità che venga scelta da lavoratori inesperti è molto alta.

Forse può interessarti anche: riconosci un franchising fake

Certo, gli standard qualitativi che generalmente il franchisor richiede al franchisee sono chiarissimi e formalizzati – così come cristallina è la clausola rescissoria che si abbatte sugli affiliati inadempienti in tal senso – ma siamo sicuri che un commesso poco esoso, ma non troppo dotato col pubblico, un cuoco con poca esperienza o la semplice applicazione delle proprie regole interpretative ai concetti di “qualità, servizio, accoglienza, atmosfera” da parte dei gestori siano totalmente controllabili o facilmente collocabili tra gli estremi per interrompere un rapporto?

Il confine è molto sottile, non credete?

In quanto gestore, posso decidere che una determinata politica commerciale è adatta alle mie corde e, se non infrango alcuna particolare regola, nessuno può dirmi un bel nulla, anche se il franchisor non è proprio soddisfatto della mia performance.

(Diciamocelo: non è piacevole per un brand registrare tante chiusure quante aperture e il rischio del danno d’immagine esiste).

Se quasi tutti i franchising supportano i nuovi punti vendita offrendo servizi legati al marketing, ad esempio, in pochi (e solo i più evoluti) propongono anche un sistema formativo e di mentoring delle risorse umane che riduca il rischio di spiacevoli inconvenienti.

La formazione del personale – sia tecnica che di natura comportamentale/manageriale – è il vero asso nella manica di ogni impresa, soprattutto in contesti complessi che necessitano di trovare il giusto equilibrio tra autonomia e controllo, tra indipendenza e supporto, tra immagine del brand e discrezionalità gestionale.

Se consideriamo, poi, le reti che si sviluppano anche all’estero – dove è meno facile per la casa-madre esercitare una qualche forma costante di monitoraggio – risulta ancora più cruciale formare una squadra affidabile e competente sia dal punto di vista dirigenziale che operativo.

 

 

 

  • DESITA.IT
  • food&retail, Home
  • No Comments

Leave a Reply

*

IT EN
Simple Follow Buttons

You have successfully subscribed to the newsletter

There was an error while trying to send your request. Please try again.