Agli italiani piacciono il cibo e le classifiche.
Quello di mettersi alla prova è un po’ un nostro pallino tra premi, competizioni e tornei televisivi.
Ma, mentre nel primo caso, riusciamo spesso a brillare, anche a livello internazionale, nel secondo, i posizionamenti non sono sempre lusinghieri.
Abbiamo messo a confronto tre ricerche degli ultimi anni sui “Top Food Franchising” in Usa, India e Sud Africa.
Ne emerge un desolante quesito: dove diavolo sono finiti i format italiani?
Se, infatti, il nostro cibo tradizionale (pizza e gelato in testa) resta una punta di diamante per i fast food che popolano il panorama delle catene, la componente creativo-imprenditoriale non è decisamente il nostro forte: per rintracciare un minimo di “genius” italico dobbiamo raggiungere la trentottesima posizione con Amore Gelato in India, mentre siamo totalmente assenti dagli altri ranking, dominati rispettivamente da McDonald’s (in Usa) e KFC (in Sud Africa).
Il dato potrebbe essere interpretato in molti modi, proviamo a scegliere quello più positivo e proattivo: c’è ancora parecchio lavoro da fare e ci sono ancora tante opportunità per dimostrare le nostre doti, aldilà delle materie prime e delle ricette.
Resta da ponderare con cura il tema dello sviluppo di un concept ad alto potenziale e del successivo processo di internazionalizzazione del brand, spesso vissuto dagli imprenditori nostrani come un ostacolo insormontabile, specie per questioni relative alla formazione del personale e alla creazione di una food chain adeguata.
Tutti problemi risolvibili attraverso approcci e strategie che abbiamo sperimentato negli anni, e anche grazie ad un aspetto culturale di fondo: l’italianità – se comunicata bene – vende.
Non dovremmo sottovalutarlo.
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