Il ruolo del Contracting Division Manager visto da Nadia Nofroni di Electrolux

Entriamo ogni giorno in contatto col concetto di food: ci vengono subito in mente appassionati di cibo – i foodies – blogger e siti dedicati, chef che ormai sono delle celebrità, locali e ricette da provare, mentre il termine foodservice è un po’ meno familiare per i non addetti ai lavori.

Si tratta di quella filiera economico-produttiva che riguarda la ristorazione non solo in senso alimentare, ma come contesto più ampio: dalle attrezzature alle normative, dai macchinari al marketing, dalla brand identity al servizio, dalle strategie di delivery ai processi di internazionalizzazione.

Il progetto “women in foodservice” intende raccontare la professione, i percorsi, i pensieri delle imprenditrici, le manager, le PR e le esperte in comunicazione che contribuiscono in modo determinante al successo di questo mercato in continua evoluzione.

Nadia Nofroni di Electrolux ci ha raccontato un po’ del suo mondo.

In cosa consiste esattamente il suo lavoro oggi?

Attualmente il mio ruolo è “Contracting Division Manager Africa”: in pratica mi occupo di fornire progetti chiavi in mano di lavanderie e cucine professionali per hotel, ospedali, centri congressi, mense per aziende o per campi di lavoro. Seguo il progetto in tutte le sue fasi, dalla presentazione dell’offerta commerciale al servizio post vendita, supportata da un team in Italia e da project manager e service partner locali.

Qual è l’aspetto più interessante di questa attività e quale il più problematico?

I miei clienti sono principalmente general contractor in prevalenza cinesi, il cliente finale è africano o arabo, molto spesso le imprese di impiantistica sono francesi, spagnole o turche, quindi, questo “melting pot” è sicuramente l’aspetto più interessante, ma anche il più complesso da gestire. Mentalità, culture e lingue diverse da coordinare per un obiettivo comune… ci vuole tanta flessibilità e spirito di adattamento per comprendersi e lavorare con profitto.

Quali sono le principali differenze che riscontra tra il mercato europeo e quello africano?

La mia esperienza del mercato europeo si limita a quello italiano e parlare di Africa è riduttivo trattandosi di un continente con Paesi molto diversi tra loro, potrei sintetizzare parlando degli elementi comuni: c’è sempre un cliente che ha un bisogno e delle aspettative nei confronti di chi può dargli il prodotto ed il servizio adeguato alle sue esigenze, come approcciarlo e cosa proporre è il valore delle differenza. Nel contracting il gap principale è la capacità tecnica dei partner locali e la facilità di reperibilità di tutti materiali di supporto all’installazione. Un piccolo problema in Italia può diventare un ostacolo insormontabile in Africa!

Cosa significa essere una donna in un settore prevalentemente maschile?

Significa rinunciare ad una parte di sé, sacrificare la vita familiare e fare il doppio di fatica dei colleghi maschi per raggiungere posizioni di middle management.

Quali sono i trend più significativi da tenere d’occhio nel settore del foodservice?

L’aumento del “fuori casa” è comune, con format diversi, a tutti i Paesi, il cambiamento delle modalità di consumo del cibo ci spinge a innovare le attrezzature rendendole sempre più sostenibili e flessibili, ad ampliare i nostri orizzonti includendo varie culture, abitudini e ambienti. Un momento molto stimolante per tutti gli attori del nostro settore che sanno cambiare velocemente e adeguarsi al mercato.

Cosa potrebbe imparare un imprenditore italiano dalla cultura africana?

In Africa il rapporto personale è ancora molto importante come lo era in passato in Italia, inviare email o utilizzare tutti i più innovativi tools a disposizione non è sufficiente per creare e cementare la fiducia, la presenza in loco, nel rispetto dei ruoli, è ancora fondamentale. 

Cosa suggerirebbe a una professionista che volesse intraprendere un percorso simile al suo?

Suggerirei di comprarsi una valigia capiente e resistente perché quella diventa “la tua casa”, di parlare almeno 3 lingue e di non smettere mai di essere curiose e pronte ad imparare da tutti.

Ha un sogno nel cassetto?

Io sono nata in Etiopia e sono laureata in storia: il mio sogno sarebbe quello di poter valorizzare il patrimonio storico di quel Paese.

Qualcosa che le piacerebbe aggiungere a questa chiacchierata?

Un sincero augurio a tutte le giovani donne che desiderano lavorare in questo appassionante, ma complesso settore.

 

 

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