Ristorazione: domestico e professionale sempre più vicini

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Cosa hanno in comune i divani di Starbucks e le birrerie che personalizzano i bicchieri dei clienti per tirarli fuori appena varcano la soglia del locale? In sintesi: il senso dell’esperienza.

Ma non un’esperienza qualsiasi, bensì quella legata alle abitudini domestiche. È a casa che ci gettiamo sul divano, pc in grembo, wi-fi a mille, sorseggiando una tazza di buon caffè, magari invitando gli amici a raggiungerci.

È sempre a casa che siamo sommersi di chincaglierie col nome stampigliato sopra e, forse, il pranzo ci va di traverso se non abbiamo il nostro piatto preferito.

Piccoli vizi, segnali di cura, attenzione all’identità individuale e spazio per le passioni: fa tutto parte delle nuove priorità, dei nuovi dettagli da consumare.

La progressiva e costante contaminazione tra domestico e professionale non è una novità: nel mondo degli arredi per negozi (ristoranti in particolare) l’ispirazione è spesso arrivata dalle soluzioni, dai materiali e dalle tecnologie proposte per le abitazioni, seguendo i trend scovati negli appuntamenti annuali importanti, come il salone del mobile, ad esempio.

Così, nel tempo, abbiamo assistito alla diffusione massiccia del Corian – un materiale utilizzato inizialmente per piani di lavoro casalinghi – che è diventato molto presente anche nelle cucine professionali e il color Wengè ha tinto del suo particolare marrone metà dei concept, sia nei punti vendita retail che nei bar.

Eppure, negli ultimi anni, complice un cambiamento di lifesyle complessivo e profondo, si sta verificando il fenomeno inverso, senza dubbio amplificato dal programma televisivo di turno, che invita il semplice appassionato di cucina a giocare con le proprie capacità, anche solo in contesti privati.

Così le casalinghe anelano il possesso dell’abbattitore mignon, neanche fossero sotto il tendone di Bake Off a competere con la vicina e si procurano doppi forni per stare al passo con le ricette di Benedetta Parodi.

Le tradizionali divisioni architettoniche tra sala e cucina si abbattono per dare vita ad ambienti “living” dove intrattenere gli ospiti mentre giriamo sughi e inforniamo muffin, sull’esempio di Sonia Peronaci.

Le aziende produttrici di attrezzature (ma anche gli architetti e i designer) creano progetti per andare incontro a queste nuove ambizioni e “professionalizzare il domestico”, mentre, dall’altro lato, gli imprenditori mirano a coinvolgere i clienti dentro habitat più “friendly” e “smart” nei quali possano lavorare, studiare, connettersi, consumare e vivere una vita senza confini, etichette, barriere.

 

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