Oltre il food corner: piccolo spazio, grande servizio

«Piccolo è bello» non è solo un famoso saggio visionario di Ernst Friedrich Schumacher, ma un trend in atto già da diverso tempo.

Da quando crisi, instabilità e modifica nei modelli di consumo hanno instillato nelle imprese e nell’economia in generale un bisogno di prudenza, di ridimensionamento e di ottimizzazione, in netta contrapposizione con le manie di grandezza degli anni ’80-’90.

Così assistiamo alla nascita dei “ristorantini”, al corteggiamento spietato delle super-nicchie, all’utilizzo di spazi sempre più ridotti per fare business: mini-gelaterie, furgoncini per lo street food, affitto e vendita di mini-case.

Le ripercussioni di queste scelte sono molteplici: dai grandi centri commerciali costretti a parcellizzare superfici che, in altri tempi, avrebbero affittato tranquillamente in blocco alla creazione di soluzioni ad hoc in grado di presidiare con efficacia pochi mq, senza rinunciare alla cura del cliente.

Per food corner s’intende un punto di ristoro che va ad inserirsi dentro strutture più grandi – che non necessariamente si occupano di food – creando numerosi vantaggi sia per l’ospitante che per l’ospite.

Accanto a giganti dell’aggregazione di eccellenze in formato corner come Eataly, andrebbero citate anche tutte quelle isole felici che incontriamo negli ipermercati, negli aeroporti e, più in generale, nei non-luoghi che vanno a rendere fruttuosi e utili perfino estremità dall’improbabile potenziale.

Ne è un esempio COFFEE ONE, una struttura modulare in grado di prendere diverse forme per adattarsi perfettamente all’habitat dove viene posizionato e offrire ottimo caffè, ma anche dolci, bevande e perfino informazioni, visto che è dotato di due schermi interattivi.

Ma l’evoluzione della specie non è ancora terminata e si passerà dalla riduzione delle superfici all’aggressione di location del tutto inaspettate.

Dal distributore di Starbucks nell’androne di casa nostra (ne abbiamo parlato qui) all’ingegnoso progetto di Eataly che sta lavorando per sviluppare e ampliare il concetto di delivery: si tratta di un repository (una specie di cassetta) collocata presso ogni edificio e avrà la funzione di contenere le ordinazioni di cibo effettuate dai clienti in remoto.

Potrò ordinare la mia mozzarella di bufala dall’ufficio e trovarla direttamente nella cassetta al mio rientro, fresca, pronta per essere consumata nella cena con gli amici.

Esaltazione del servizio (non solo del prodotto), riduzione dei costi, nuove modalità di fruizione, ma anche pervasività del brand e nuove logiche economiche: è tutto un gran fermento.

La partita è aperta, vincerà chi meglio saprà fare sistema e anticipare i bisogni latenti.

 

 

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